Bene, adesso concludiamo la carrellata di poesie ermetiche leggendone alcune degli autori meno conosciuti che fecero parte, a tutti gli effetti, dell’ermetismo “fiorentino”. Ancora una volta Firenze, dalla cui lingua trecentesca nacque l’italiano, si conferma come centro culturale nevralgico. Infatti l’ermetismo viene elaborato in modo omogeneo nelle riviste “Il Frontespizio” e “Campo di Marte”, da parte di alcuni poeti fiorentini che si chiamano: Mario LUZI, Alfonso GATTO, Pietro BIGONGIARI e Alessandro PARRONCHI (Guglielmino Grosser). Annoveriamo fra gli ermetici anche i seguenti nominativi: Penna, Sereni, CAproni e De Libero. (Sanguineti).
Dedichiamo all’estate questa composizione di A. Gatto:
“Sera di Versilia”
Come il mare deserto stacca il molo
nel cielo puro del tramonto, solo
resta sul tetto di lamiera un fioco
riverbero del giorno. A poco a poco
appassisce nell’aria anche il clamore
monotono di un grido e dell’odore
largo del vento e della sera stagna
la pineta già nell’ombra, la campagna
deserta nei suoi pascoli, nel raro
lume dell’acque. Ora il silenzio è chiaro.
E la notte verrà con l’incantata
terrazza ai balli forti dell’estate,
al novilunio tenero dell’Alpe.
Ecco ora una poesia di Luzi, il maggior rappresentante dell’ermetismo fiorentino. Egli era nato a Firenze nel 1914.
Da “Primizie del Deserto” (1952) ecco:
I
“Marina”
Che acque affaticate contro la fioca riva,
che flutti grigi contro i pali. Ed isole
più oltre e banchi ove un affanno incerto
si separa dal giorno che va via.
Che sparse piogge nevighi, che luci.
Quali? Il pensiero se non finge ignora,
se non ricorda nega: là fui vivo,
qui avvisato del tempo in altra guisa.
Che memorie, che immagini abbiamo ereditate,
che età non mai vissute, che esistenze
fuori dalla letizia e dal dolore
lontano dalla marea presso gli approdi
o al largo che fiorisce e dice addio.
Rientri tu, ripari a questa proda
e nel cielo che salpa un primo strido
d’uccelli che rimpatriano, mio cuore.
Vediamo ora come l’ermetismo è stato recepito nelle scuole: qui di seguito, la poesia pubblicata su “Valeggio Futura”, opuscolo dedicato al concorso di poesia bandito dalla città di Valeggio sul Mincio. L’autore è Nicolò Valdinoci (1995 – Ist. Don Mazza) e seguirà al componimento il commento dei curatori della raccolta.
LONTANO
Ho cercato dentro di te
la mia felicità perduta,
l’infinità degli anni passati
nei tuoi occhi di perla.
Ho cercato nel tuo sorriso
il futuro di ragazzo
ormai lontano,
che ancora mi appartiene.
Ho ritrovato nella tua dolcezza
i pensieri innocenti di bambino.
In me affiora la speranza,
la serenità di un tempo.
Ti guardo fuggire via,
ammirando il tuo viso lucente,
per te attuale,
per me così remoto
nella mia mente.
Con un tocco di ermetismo la poesia vibra di sentimento e fa emergere dal rimpianto la speranza e la serenità, anche se incompiuta.
Ecco un altro componimento poetico dalla medesima raccolta. L’autrice è Luciana Gatti di Minerbe:
IN UN PAESAGGIO D’ANIMA
La chiave di una parola
ha aperto la porta del vuoto
dove ad un cespuglio di ginepro
s’aggrappava il mio pensiero.
Era il cespuglio su di un masso di dolomia
e ti brillava nella bocca
la chiave contro il sole.
Divenne corda la tua parola
e risalii quell’erta di crepe rosa,
masticando odore.
D’erba rada tra i covi delle marmotte
su cui la teleferica passava…
Ai miei respiri confitti
come chiodi di vento,
improvvidi i piedi
s’appoggiavano scalzi.
Orlati d’unghie spezzate
come le ali delle caviglie.
Fino alla tua mano tesa,
oltre a quel punto minimo
che separa le bibliche dita
nell’azzurra cappella del cielo.
Poi insieme a mangiare pane
sulla riva del laghetto,
che evaporava una musica d’acqua
e la nostalgia d’un fondale
dove l’onda scorre tra i capelli.
Come tempo che s’adagia.
Motto: “Symphoniae”
Ecco il commento a piè pagina: “il testo scorre e si mantiene sui binari di un ermetismo diffuso in cui le espressioni alludono a esperienze di vita e denotano atmosfere vagamente suggestive. Il lettore è provocato a lentezza e a sospensioni nel tentativo di sintonizzarsi con il mondo spirituale dell’autore, la cui faticosa salita pare placarsi nell’approdo positivo.”